venerdì 22 ottobre 2010

Ucciu Aloisi


All’età di 82 anni, nella sua Cutrofiano (Le) è morto Ucciu Aloisi, cantante popolare salentino.

Personaggio di grande interesse per due motivi: innanzitutto, perché naturale interprete della tradizione musicale popolare salentina; secondo, perché umanamente dava a vedere (io l’ho sempre visto in concerto mai da vicino) di essere un personaggio tosto, difficile da gestire. Diciamo pure un gran rompicoglioni.

Però la sua autenticità è fuor di dubbio. Colpito quasi per caso dalle luci della ribalta grazie all’improvvisa celebrità della musica popolare salentina ne è stato un grande protagonista ma anche un feroce critico.
Settant’anni di musica gli erano passati addosso caratterizzati dai suoi stornelli, dalle canzoni dialettali, dalle canzoni di Tito Schipa e solo marginalmente dalla pizzica. Quindi un personaggio controtendenza rispetto alla moda dei pizzichi d’amore e di disperazione. Anche perché la pizzica aveva –nella sua concezione originale- una sua collocazione specifica, legata ai riti del tarantismo, alle celebrazioni coreutico-musicali descritte da Ernesto De Martino nel suo celebre studio “La Terra del Rimorso”.

Ucciu Aloisi aveva il fiuto per gli affari e si prestava anche ad eseguire i pezzi di pizzica tanto alla moda ma usava dire «la pizzica, poi n'altra pizzica, ancora na' pizzica e la gente se rumpe li cujuni». Mentre lui voleva eseguire i canti di lavoro, gli stornelli sconci e la bellissima “Quannu te llai la facce alla matina” di Tito Schipa, canzone splendida che cantava sempre mia nonna Angiulina. Sempre insieme a Domenico Riso e al gruppo “Robba te Smuju” e sempre con l’inconfondibile voce dalle tonalità distorte e che negli ultimi era diventata – ad essere sincero – quasi incomprensibile. Anche perché Ucciu Aloisi non era il tipo che poteva indossare una dentiera, impegnato com’era tra il lavoro in campagna e le tournée nazionali ed internazionali.

Una sera di qualche anno fa un’amica avellinese di un’amica di bradiponevrotico, partita appositamente da Roma in direzione Cutrofiano nel Salento per intervistare il maestro Uccio e farne il gioiello della propria tesi, si sentì dire più o meno così: «A mie nun me futte nu cazzu te la pizzica. La fazzu sulamente perché me la dummandanu».

Un personaggio difficile da gestire, impossibile da far smettere di cantare quando si trovava sul palco di fronte ad un pubblico che, a prescindere dalle sue prestazioni, gli tributava ovazioni da rockstar. Le cronache dicono che abbia mandato apertamente affanculu il maestro Mauro Pagani durante un’edizione de “La Notte della Taranta”, perché gli chiedeva di concludere la sua esibizione.


Mi immagino la scena:
Pagani: «Maestro Uccio per favore basta, dobbiamo andare avanti con lo spettacolo!»
Ucciu Aloisi: «A cine basta, a mie? Ma ci cazzu sinti tie, ah?!»
Pagani: «Io sono il Maestro Concertatore!»
Ucciu Aloisi: «Ane affanculu ah, tie e sti quattru cujuni ca zumpanu!»

1 commento:

simo ha detto...

eppizza ce bella pagina hai scrittu!