mercoledì 22 settembre 2010

Il cartello della prostata

Metti un domenica sera nel granducato di RomaNord.
Capita di assistere a scene come quelle che vedete nell’immagine: tavolo pieno di carte, le sedie piene di codici, delle bottiglie di gazzosa sgasata e il thermos del caffè. Ovvero l’habitat ripreso dal vero di due aspiranti avvocati, alle prese con l’esame per l’iscrizione all’Ordine.
Vite azzerate per mesi, per anni in alcuni casi, durante i quali bisogna studiare, aspettare i risultati dello scritto, studiare per l’orale o ri-studiare per lo scritto (sia nel caso di bocciatura sia nell’incertezza del risultato della precedente sessione).
E perché?
Perché una élite di anziani con la prostata in fiamme si arroga la facoltà di valutare generazioni intere, decidendo sulle loro teste quanti per l’anno in corso dovranno essere i nuovi giuristi ammessi nel foro, principalmente in base alle esigenze dei loro Studi e alla necessità di mantenere cospicua la loro rendita.
Nella teoria economica si chiamano “cartelli” e solitamente vengono contrastati dalle leggi che tutelano la concorrenza, almeno nei paesi civili. Non così da noi.
In Italia questi cartelli prosperano rigogliosi e opulenti, avvantaggiandosi di una cultura corporativa che ha radici antiche: ci sono gli avvocati, i notai, i farmacisti, i commercialisti che ti impongono praticantati umilianti, fatti di anni di sfruttamento a costo zero, ben al di sotto della soglia di povertà. E poi ci sono gli esami, il regno dell’opacità, durante i quali si ha la percezione chiara che essere preparati aiuta ma probabilmente non basta.
Tutto questo per entrare nella corporazione, fregiarsi del titolo e perpetuare il sistema di selezione di fatto per censo, con l’animo ormai guastato dalle sofferenze.
L’obiezione più frequente - nel caso delle professioni forensi - è che “ci sono troppi aspiranti avvocati bisogna garantire la qualità, la professionalità”. Ci vorrebbe lo sputo di un operaio dell’Italsider di Taranto per commentare tale obiezione, in modo da far riecheggiare il suono metallico del catarro.
Non sarebbe forse meglio far selezionare al mercato (sì, ho detto al mercato) tali figure, dopo un periodo di prova/inserimento piuttosto che farlo selezionare ad una classe di autorevoli avvocati in pieno conflitto di interessi?
Non sarebbe forse più efficiente rendere possibile l’apertura di una farmacia a chiunque ne abbia le competenze, gli studi, piuttosto che limitare il campo di fatto a figli o nipoti di farmacisti attraverso le licenze bloccate?

Torneremo sicuramente su questi temi. Nel frattempo un’ultima considerazione.
Giudizi disastrosi sono stati dati della generazione cui appartengo, cui appartengono tutti coloro scrivono su bradiponevrotico; della generazione cresciuta tra gli anni ’80 e gli anni ’90, tra l’infanzia spensierata dei pomeriggi con bim bum bam e holly e benji e il tifone politico-giudiziario di tangentopoli, di falcone e borsellino, di berlusconi-contro-tutti, dell’ammutinamento dell’ulivo, di avanzi-tunnel-guzzanti e dandini varie.
Siamo stati dipinti come disincantati ed irrilevanti, pacifisti per moda ed individualisti per vocazione. C’è molto di vero in tutto questo ma non penso ci sia molto da imparare dalle generazioni più prossime a noi. Anzi. Prima che la nostra generazione venga rottamata o definitivamente messa da parte c’è bisogno di un atto di forza, di una discontinuità: vietiamo/sabotiamo i medicinali per la prostata.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

a questo punto io saboterei anche il viagra..

stefano ha detto...

Sottoscrivo in pieno, caro brad.

Unknown ha detto...

D'accordo.
Vi segnalo questo, stesso tema, punto di vista un po' diverso.

http://www.imille.org/2010/09/la-generazione-del-sacrificio/

fra ha detto...

e l'amore ha l'amore come solo argomento....

fra ha detto...

e l'amore ha l'amore come solo argomento....