mercoledì 26 maggio 2010

Aipotta con bradipo (2010, MoMA, Tor Marancia)



alle prese con un regalo di compleanno (aipotta) in salsa rettangolista

martedì 25 maggio 2010

Il favoloso fango di Lucy o il fangoso mondo di Lucy?




Tutte le donne ragionevoli scoprono prima o poi che esiste un punto di rottura con il passato, in pratica diventano consapevoli dell'esistenza di un punto di non ritorno. Io ho avuto la fortuna di un’illuminazione divina che segnerà per sempre il mio percorso di vita in tal senso.
Anch’io come tante donne che entrano nei trenta ho dovuto affrontare l’annoso tema del rimanere in forma, combattuta tra l’immaginario collettivo maschilista della femmina, la stagnante influenza pubblicitaria, la consapevolezza di me stessa come essere intelligibile e la maledetta prova costume.
Una mattina come tante nel bagno della mia dimora ho deciso che dovevo dedicarmi alla cura del mio corpo con trattamenti vari e doccia rilassante. Ricordo di aver messo da parte dei campioni dell’erboristeria e me li ritrovo tra le mani pronti all’uso; con mani inesperte mi inoltro al magico mondo dei fanghi d'alghe Guam, mitici fanghi utili per cellulite, ritenzione idrica e altri miliardi di problemi femminili!!! Leggo con attenzione le istruzioni: spalmare abbondantemente il fango sulla parte interessata, ricoprire con pellicola e lasciare agire per 45 minuti.
Spalmo quella materia marrone e puzzolente sulle gambe e mi accingo ad avvolgere un paio di strati di pellicola trasparente da cucina. Avverto un forte prurito ma come una guerriera manga resisto, certa dei benefici dell’intervento. Pochi minuti dopo ad operazione terminata, mi ritrovo seduta sul water un po’ disorientata con due salsicciotti pronti per il freezer e davanti a me il pc posizionato sulla lavatrice, perché questo contraddistingue la donna moderna…in bagno sul cesso con le cosce avvolte dal Domopak ma con il pc acceso a smanettare sul web! Che immagine…indelebile nella mia mente.
Mi piace pensare che Dio mi mandò l’orticaria proprio per farmi ragionare, tolsi la pellicola che avevo lasciato solo venti minuti e mi buttai sotto la doccia convinta che togliendo il fango avrei eliminato quell’immagine riflessa nello specchio.
In quel contenitore di fango c’era tutta l’essenza dell’emancipazione femminile.

ps: Ho deciso che me ne frego di come starò in bikini e degli occhi tumefatti di coloro che mi vedranno un po’ in carne. Ovviamente tutto questo avverrà dopo che avrò finito la mia crema anticellulite  modellante con formula a freddo, ma giuro quando l’ho presa non sapevo che ad ogni applicazione sarei stata catapultata con violenza al polo nord. Ma questo nella prossima puntata.

lunedì 24 maggio 2010

Aspettando i fanghi di alga....

I componenti maschili del blog richiedono a gran voce un post di Lucyinthesky sui famigerati fanghi di alghe Guam e relative tortura.
Durante un rapido sondaggio di marketing svolto nell'ambito dell'aperitivo in onore dei 32 anni di Brad (di cui poi se vorrà ci farà un riassunto post-ale in queste pagine), è stato palpabile l'entusiasmo delle lettrici presenti del blog quando Lucy ha tirato in ballo l'argomento fanghi di alghe Guam.
Non possiamo dunque deludere il nostro pubblico, dato che siamo la Perla del servizio pubblico blogghistico (scusate, mi è venuta la santorite).
Sicuri di una pronta risposta di Lucy, attendiamo fiduciosi....

venerdì 21 maggio 2010

Arredare l'Armageddon

E così mi sono trovato col motorino che non partiva. Essendo lontano dal mio meccanico di fiducia, l'ho portato a spinta fino a un'officina vicina.
Il tizio mi dice che solo per vedere cos'ha il motorino ci vogliono 40 euro. E va bene, che vuole che gli dica? E' lui il meccanico.
Il giorno dopo telefono e mi dice che a una prima apertura non ha trovato il guasto, che lo deve aprire ulteriormente. E va bene, dottore, faccia lei.
Lo richiamo. Il guasto è pesante, si parla di 350 euro di riparazione. Di cui 100 solo per capire di che si trattava. Cento, porco cazzo? Cento, certo, di lavoro duro si trattò.
Ok, la mattina dopo mi consulto al telefono col meccanico di fiducia. Gli spiego i sintomi del motorino. Lui mi dice che il guasto non può essere quello che sostiene l'altro. E che probabilmente c'è solo una spesa di un centinaio di euro. Dunque, arrivo a lavoro. Vado a piedi, zoppicante per una contrattura muscolare rimediata in palestra, all'officina. Con un blitz, dico che mi riprendo il motorino. Pago cento euro con fattura, promettendomi in testa che appena ho le prove della tentata truffa gli faccio un culo così e mi faccio ridare i soldi indietro. Mi avvio sotto il sole per portare a spinta il motorino sotto il mio ufficio in attesa del furgoncino del meccanico di fiducia.
Dopo un chilometro di spinta zoppicante - nervoso perché se i meccanici, come gli idraulici, i tassisti e gli oculisti, non fossero una categoria ad alto tasso delinquenziale, non sarei costretto a spostare il motorino da un'officina all'altra – mi trovo all'angolo della via Salaria.
Cazzo, vado a beccare proprio il giorno e l'istante esatto della commemorazione dell'assassinio di Massimo D'Antona per mano delle Br. Sotto la targa commemorativa ci saranno una cinquantina di persone, quanto bastano per bloccare il traffico. Dalla parte opposta della strada la gente osserva distratta mangiando un pezzo di pizza, davanti alla rosticceria. Penso di passare da lì. Un vigile mi blocca. “Non si può passare”. “Ma il motorino è spento”. “Non si passa”. “Vado a passo d'uomo”. “Non si può passare”. “Ma perchè? Sono 5 metri e da lì non do fastidio”. “Non si può, abbiamo queste disposizioni.” “Possibile che avete solo disposizioni idiote?”
Mi metto da parte. Il vigile continua a tormentarmi facendomi spostare da un marciapiede all'altro. Mi ritrovo ad imprecare all'indirizzo della manifestazione. “Si vengono a lavare la coscienza con dieci minuti di manifestazione all'anno!”, dico ad alta voce. Sono in venti e hanno dieci bandiere dei sindacati. Solo politici e sindacalisti. Nessuno di loro si chiede perché non c'è neanche un cittadino?
Mi ritrovo così con un senso di nausea nei panni dell'uomo di strada, del grillino, del qualunquista.
Ma non posso fare altrimenti. Dopo venti minuti, il corteo comincia a sciogliersi. Gli autisti dell auto blu si destano dal torpore. Mi passano davanti Walter Veltroni e Bianca Berlinguer, chiaccherando amabilmente. Poi viene un tizio col fazzoletto della Lega e un paio di occhiali da architetto, sorridente ed energico. La nausea sale.
Il vigile con aria complice da padre, mi dice “Prova adesso a passare”, e per un po' mi fa spazio tra la folla.
I giornalisti sciamano attorno ai politici e alle personalità come api impazzite e disordinate.
Uno detta al telefono le dichiarazioni di un politico. Democrazia, lavoro, nella misura in cui, sforzi, momento drammatico, stringersi intorno, rilanciare...
Ancora nausea. Parole vuote, messe insieme in costrutti lisi come la sindone di Cristo. Non significano nulla in bocca a un politico. Diventano grottesche ripetute al telefono con enfasi da un giornalista. Provo immensa pena per questa professione. Ridotti a fare da altoparlante al vuoto delle iene. Incontro una mia amica giornalista in servizio. Anche lei sciamante, concentrata sull'attimo da cogliere, sulla dichiarazione da non perdere. Mi chiedo se lei si renda conto dell'inutilità di questo, se ci creda, o se invece, semplicemente, lo fa senza porsi il problema. Perché è il suo lavoro.
Realizzo il motivo della mia nausea e il vero obbiettivo. Il paese in cui vivo. In una mattina ho visto riassunto i motivi per cui stiamo andando a picco.
I furbi che se ne approfittano indisturbati, e che costringono le persone perbene a grandi sforzi per vedere rispettati i loro diritti, oppure a poco a poco le spingono a diventare furbe anche loro per sfinimento. L'ottusa burocrazia delle forze dell'ordine e dell'amministrazione, il non chiedersi mai il perché delle regole, quando funzionano e quando no, come fare per migliorarle a favore del cittadino.
E poi l'arroganza muta e autistica dei politici. Il loro vivere in una bolla insonorizzata. Il loro credere che il cambiamento del reale si realizzi con una semplice dichiarazione. E il ruolo pesante che in questo ha l'informazione, che si accontenta di reggere i microfono. Che non manda a fare in culo mai nessuno, neanche quelli che se lo meritano da vent'anni.
E su tutto questo, le parole che hanno perso senso, la devastante consapevolezza che ogni parola può significare tutto e il suo contrario.
Mentre attraverso l'ultimo pezzo di folla, lancio un'occhiata verso la lapide dedicata a Massimo D'Antona. Non riesco a credere ai miei occhi. Il palchetto da cui hanno parlato le personalità è puntellato e rivestito con un tappeto persiano. Per un attimo, mi viene in mente un fotogramma di Battiato seduto che canta del cinghiale bianco. Cosa c'entra il grazioso tappeto persiano con le br e con le p38? Chi si sarà preso l'impegno o la briga di arredare elegantemente quel palchetto da tre quarti d'ora di interventi?
Ancora nausea. Un paese capace di arredare l'armageddon, ecco dove vivo.
Un giorno apriremo la porta di casa e ci troveremo enormi secchi di merda. Senza scomporci, li porteremo dentro e li useremo per farci dei deliziosi Pollock.

mercoledì 19 maggio 2010

I fiori del male

«Fior di professionisti». Così il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano ha definito i dirigenti della polizia condannati meno di dodici ore prima dal Tribunale di Genova per l’irruzione nella scuola Diaz a Genova nel luglio del 2001, durante il tristemente celebre G8.

Affermazione che suona piuttosto strana a meno di dodici ore da quando un Tribunale della Repubblica accerta che tali dirigenti, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno eseguito arresti illegittimi, non hanno vigilato sui loro uomini che si sono lasciati andare a pestaggi indiscriminati (o hanno dato loro ordini precisi?), hanno portato all’interno della scuola due molotov per giustificare l’irruzione.

Ad una prima lettura delle dichiarazioni (vedi) si potrebbe pensare che il sottosegretario abbia preso una posizione garantista nei confronti dei suoi uomini, di quelle forze dell’ordine che ogni giorno tutelano la nostra sicurezza.
Si potrebbe pensare questo se non fosse per un piccolo particolare: cioè che la sua autorevole critica riguarda il ribaltamento della sentenza di primo grado, che condannava solo gli agenti della squadra mobile di Roma in quanto esecutori di pestaggi e violenze ma non i dirigenti loro responsabili.
Quindi i «Fior di professionisti», stando alle dichiarazioni di Mantovano (e Cicchitto e altri) sarebbero solo gli illustri dottori Gratteri, Canterini, Superi, Mortola, Caldarozzi, Troiani e Bugio (questi ultimi ritenuti responsabili di aver introdotto le molotov); mentre la truppa ignorante e violenta meriterebbe la condanna.
C’è qualcosa che non torna e per chi come noi ha un amico o un conoscente tra gli agenti di polizia questo dovrebbe suonare più o meno come un insulto.
Ci sarà l’ultimo grado di giudizio in Cassazione al riguardo aspettiamo e vediamo quale sarà il pronunciamento dei giudici. Ma nel frattempo ci vorrebbe un po’ più di rispetto da parte di quelle istituzioni dello Stato che prima che difendere a priori i propri uomini dovrebbe tenere nel giusto conto la difesa della legalità, della democrazia, dell’uso legittimo della forza.

P.S. per chi volesse utilizzare l’argomento delle violenze di alcune frange di manifestanti come giustificazione per la violenza degli agenti: voglio solo informarvi che un processo per loro c’è già stato ed ha visto delle condanne molto pesanti (vedi)