mercoledì 27 maggio 2009

Un paese ci vuole


“Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
(C. Pavese, “La luna e i falò”, capitolo I).

Stamattina mi sono svegliato col rumore dei cucchiaini sul bordo delle tazzine da caffé.

Ero preoccupato di non riuscire a salutare Manu (meglio conosciuto dai lettori di questo blog come Marshall) prima che andasse all’Università della Muscia a discutere la sua tesi di laurea.

Erano le 7.07 ed il laureando non aveva alcuna intenzione di alzarsi però. Le tazzine erano delle mamme che ci sono venute a trovare e l’unica decisione percorribile era tornare a letto e aspettare le solite quattro sveglie mattutine, rimpiangendo la bellezza del sonno.

Manu era abbastanza emozionato e anche Lucy, anche se entrambi non lo davano troppo a vedere. Ad ogni modo, prima che uscissero dalla porta della nostra portineria ho dato un’occhiata alla tesi di laurea: copertina in tela rossa (ruggine forse, “comunque un colore matto” direbbe Lucy), spessore triennale, titolo inquietante: “La Sacra Corona Unita: la quarta mafia”. Con un titolo così, penso, ci sarà quantomeno una citazione di Falcone, Borsellino, Cataldo Motta. Invece, ecco la sorpresa.

L’apertura del lavoro era affidata a Pavese, con la frase che leggete sopra, il cui significato può essere compreso solo da chi ha vissuto il distacco. Anche lo studio sulla SCU fatto da Manu non ha avuto come spinta una semplice curiosità sociologica, storica, bensì la voglia di approfondire un aspetto della propria terra, sicuramente uno dei peggiori.

Ho letto “La luna e i falò” per la prima volta a quindici anni: non ci ho capito un cacchio ma sono rimasto affascinato. L’ho riletto più volte dopo il “distacco” e tutto è stato più chiaro, più doloroso.

Spero che né Manu, né Lucy, né io, né Cipputi (tutti emigranti doc) siano costretti a vivere per intero la delusione del protagonista del libro. La delusione di tornare nel buco di culo dove si è passata la propria infanzia e adolescenza e accorgersi che non era poi così bello, accogliente, rassicurante come lo si era immaginato.
Ma è probabile che succeda a tutti.


P.S. lo so che scrivo sempre post malinconici sull’argomento ma mi serve per difendermi dalle accuse di apostasìa…

8 commenti:

Cipputi ha detto...

A parte i necessari e sentiti in bocca al lupo al manu laureando (o a quest'ora già laureato??),

sulla migranza e la malinconia.... io con gli anni ho invece visto con piacere una reazione contraria a quella descritta da Brad...
Dopo essere andato via pensando che il mio paese era una mezza schifezza, e dopo anni di innamoramento della civile e rossa Toscana, ho pian piano cominciato a realizzare che non esiste un posto migliore o peggiore in sé (a parte Bagdad e Kabul, of course), ma luoghi dove ognuno può trovare paradiso e inferno. Questo, sebbene non lenisca il vuoto dello sradicamento, mi fa tornare al paese di partenza senza nessun risentimento.
Insomma, a volte il tempo invecchia bene la malinconia, come un buon vino in nua buona botte di rovere.

bradiponevrotico ha detto...

minchia, quante ne sai!

cmq, Manu si è laureato ed ora è a mangiare a Calcata, noto paese di frikkettoni.

aspettiamo il suo ritorno per i festeggiamenti

Roberto Massafra ha detto...

sono d'accordo, anche se amaramente, io di questo libro ricordo spesso un altro pensiero: "il bello di essere nato in un paese e' dato dal fatto che sia un posto da dove si puo' fuggire..(piu' o meno)" se pero' il paese diventa "il Paese" intero...comincia a diventare davvero tragica..

fra ha detto...

"...E fino alla prima fermata del nostro trenino tranquillo, il viaggio si svolse secondo le tradizioni: lagrimucce dapprima, per le persone e le cose lasciate: poi sorrisi nostri reciproci, mani intrecciate, occhi con dentro all'infinito il riflesso degli occhi amati: cuori pieni della certezza che il mondo è tutto un paradiso terrestre di nostra proprietà. Petali di rose e chicchi di grano rimanevano ancora tra le pieghe del mio vestito. La realtà incrinò il sogno presuntuoso alla prima fermata del piccolo treno. No, il mondo non è tutto nostro: tanta gente se lo contende.."

Lucy ha detto...

..come siete romantici oggi!bradipo il post è veramente carino,ho una foto per te che ti invio via email...e "to detto tutto"!!!un saluto festoso a tutti

Unknown ha detto...

a rigazzi', voi nun sapete che vor di fa l'emigrante..

Anonimo ha detto...

A Veltrì...ma per fare l'emigrante uno ci deve stare un pochino in un posto ....e tu me pari er papa ...sta sempre a girà!!
l'emigrante con i calli nelle mano

Anonimo ha detto...

Hello fellow www.blogger.com members[url=http://eqsportsnews.info/].[/url]

I just wanted to say that I am happy to be the newest member here and that I am glad to have the opputunity to take part in the great conversation here[url=http://smartthoughtsid.info/].[/url]

Glad to be on board here[url=http://submityournewsta.info/].[/url][url=http://killerfeeds.info/].[/url]